4 aprile 2014

The Last Door: intervista esclusiva a Raúl Díez!

In un post di qualche tempo fa vi ho parlato di The Last Door, un'avventura horror/mystery punta-e-clicca in grafica 8-bit ad episodi, pubblicata da una software house indipendente spagnola: The Game Kitchen.

Oggi vi propongo una lunga e - secondo me - interessante intervista che ho avuto il piacere di fare a Raúl Díez, responsabile pubbliche relazioni per l'intero progetto di The Last Door. Parliamo del gioco, delle sue molteplici influenze, ma anche delle difficoltà produttive che è costretta ad affrontare una casa indie e di come si può stare sul mercato oggi avendo pochi soldi, ma molte - e buone - idee.

Cominciamo!

Allora Raúl, come è nata l'idea di The Last Door?
Dal 2009 noi della Game Kitchen ci siamo occupati di sviluppare esclusivamente progetti su commissione; sono stati anni in cui abbiamo fatto davvero un po' di tutto. Ma sinceramente non posso dire che fosse particolarmente soddisfacente dal punto di vista professionale né personale; tutti quanti cominciavamo un po' a stancarci di quella situazione. Così verso la fine del 2012 abbiamo deciso di imprimere una svolta alla nostra traiettoria professionale e di inseguire un vecchio sogno: sviluppare i nostri giochi e le idee che ci appassionavano, liberare la nostra creatività. E così siamo entrati nel mercato indie.
Quindi indicemmo una specie di "concorso di idee" interno alla nostra squadra e Enrique, il nostro lead artist, se ne uscì con l'idea di un gioco dell'orrore che fosse basato su un uso particolare di suoni e musica e che facesse della mancanza di dettaglio grafico un punto di forza per stimolare l'immaginazione dei giocatori. Era una sfida in controtendenza, perché oggi tutti i giochi orrorifici puntano invece moltissimo sul realismo grafico e sull'abbondanza di dettagli.
Così di tutte le proposte avanzate fu quella di "The Last Door" a farci innamorare. Abbiamo deciso di provare a capovolgere il punto di vista e di fare della mancanza di dettaglio grafico l'elemento chiave per coinvolgere il giocatore. Come puoi immaginare era un progetto con una forte impronta personale e originale. Ma sentivamo che i tempi erano maturi per una cosa del genere; nelle nostre teste il concept stava prendendo forma e ci convinceva sempre di più: lo stile visivo, quello letterario lovecraftiano, il genere dell'avventura punta-e-clicca.
Allora abbiamo deciso di fare il grande passo e di lanciare il progetto su Kickstarter. E anche se l'idea era un po' rischiosa - un horror psicologico, l'avventura stile retrò e la pixel-art - alla fine ha incontrato il gusto del pubblico e il progetto è andato avanti.


Che mi dici della scelta di suddividere l'avventura in episodi? È stata dettata da esigenze puramente produttive o risponde anche ad una specifica impostazione narrativa?
La scelta di procedere per episodi è stata la decisone strategica più difficile che abbiamo dovuto prendere. Certamente l'aspetto produttivo è centrale: organizzare il gioco in episodi ci permette di frazionare i costi di produzione e quindi di proporre su Kickstarter progetti più facili da finanziare con successo.
Però, man mano che andavamo avanti, ci siamo resi conto che questa scelta ci consentiva di aggiungere qualcosa di più in termini di esperienza di gioco ad ogni nuovo episodio e che tutto ciò finiva per avere un impatto interessante anche sul piano narrativo. Quando l'abbiamo capito abbiamo anche cominciato a sfruttare in maniera più consapevole le tecniche narrative tipiche della TV web-series.
Di questo lavoro sottotraccia te ne puoi rendere conto se esamini lo scorrere della storia e i legami fra i diversi punti narrativi che continuiamo a stabilire, fino alla scelta - molto cinematografica - di far partire i titoli d'inizio dell'episodio dopo una rapida introduzione d'effetto. Ormai stiamo sviluppando il gioco proprio come una web-series. Si è da poco conclusa la prima stagione e in estate dovrebbe cominciare la seconda.




Parliamo di influenze. Quella lovecraftiana balza subito agli occhi; ma è evidente che c'è dell'altro, oltre a una buona dose di idee originali. Quali sono le vostre fonti di ispirazione?
Dici bene, Andrea: Lovecraft e Poe sono la materia prima di "The Last Door", ma c'è anche molto altro. A livello letterario ci sono Guy de Maupassant, Artur Machen, Jorge Luis Borges e August Derleth. Se parliamo di cinema, il gioco è debitore di David Lynch, Kubrick, Hitchcock, Ingmar Bergman, ma anche Rodrigo Gudiño e Peter Medak. E stai sicuro che ci puoi trovare anche la musica di Tarkovsky e la visionarietà di Alejandro Jodorowsky.
Se invece parliamo di videogames, l'ispirazione più evidente è quella delle avventure punta-e-clicca degli anni '80 e '90. Si tratta di giochi che quando uscirono ebbero un forte impatto su di noi, proprio come giocatori. Se invece dovessi dirti un titolo cui ci siamo ispirati per le atmosfere del gioco, ti dico "Alone in the Dark".
Il fatto è che tutte queste influenze devono essere bilanciate in un gioco originale: una cosa più facile a dirsi che a farsi, perché agiscono a livello inconscio. Quindi dedichiamo grande attenzione a far sì che non diventino citazionismo spudorato e che prendano il sopravvento sulla storia che raccontiamo.


La produzione del gioco risponde anche ad un criterio "democratico": far sì che il gioco sia accessibile anche a chi non ha i soldi per finanziare il progetto. Quanta importanza hanno per voi le questioni etiche e "politiche" nel vostro lavoro?
Hai toccato un tema molto interessante, Andrea. Sin dal principio per noi è stato (ed è ancora) molto importante fare in modo che il gioco potesse essere giocato dal maggior numero di persone possibile. E questo per due motivi: da un lato il fatto che secondo noi una realizzazione creativa, per essere tale, debba essere disponibile per una comunità ampia; dall'altro il fatto che la distribuzione gratuita ci consente di far conoscere e di diffondere il gioco in maniera esponenziale.
Un'altra motivazione è che in questo modo si può anche provare il gioco gratuitamente per poi magari appassionarsi e decidere di sostenere economicamente il suo sviluppo. E poi, per dirtela tutta, perché per noi è giusto così: sentiamo che è eticamente corretto non schiacciare tutto sulla logica del profitto.
Inoltre se ci pensi in questo modo stabiliamo anche un rapporto più limpido coi giocatori: tu puoi provare il nostro gioco gratuitamente; a noi per convincerti a finanziare un nuovo capitolo ci basta la qualità di quello che facciamo, senza bisogno di ricorrere agli artifici del marketing.
Mi piace anche sottolineare il fatto che il modello di finanziamento che abbiamo individuato è per molti versi originale, perché fonde diverse tecniche di crowdfunding: noi mescoliamo il finanziamento diretto, col "dona ciò che vuoi" e col "riscatto", cioè il rilascio gratuito di un episodio non appena quello successivo è stato finanziato; si tratta di un modello che funziona molto bene con la nostra impostazione per episodi. A questo si aggiunge il consueto meccanismo delle "ricompense" per chi ci sostiene con una donazione superiore alla media: la colonna sonora di Carlos Viola, l'accesso gratuito a tutti gli episodi futuri, l'accesso alle versioni beta, la partecipazione al processo creativo (scrivendo la descrizione di un oggetto, di un luogo o di un personaggio), le aree riservate sul web fino alla possibilità di essere "pixelati" e di finire nella nostra Hall of Fame.
La cosa più importante per noi è essere onesti e trasparenti con la nostra comunità. Noi pubblichiamo i nostri bilanci online, esattamente come ci piacerebbe veder fare dalla nostra classe politica!




Il protagonista del gioco incontra durante le sue avventure una varia umanità, spesso segnata da problemi psicologici e sociali: religiosi che perdono la fede, malati che vorrebbero terminare una vita di dolore fisico, persone che vivono nella povertà estrema. Si tratta solo di un espediente narrativo per contribuire al colore dell'ambientazione o cercate anche di ispirare nei giocatori qualche riflessione più profonda?
Il punto di forza del gioco è l'atmosfera. E perciò la maggior parte delle nostre risorse creative è indirizzata proprio in questo punto, che si tratti di scenografie, musica, colori, trame o - come suggerivi - di personaggi.
Però affinché il gioco "duri" dobbiamo far sì che questa tensione sia continua - anche se più o meno forte nel corso della partita - e non sporadica o eccessivamente strumentale, altrimenti perderebbe presto di vigore. Se ci pensi è qualcosa che ritroviamo proprio in Lovecraft e Machen: questi personaggi che proiettano le loro ombre lunghe su tutta la storia nel suo insieme.


C'è negli episodi qualche easter egg, uno scherzo o un gioco di parole che i giocatori ancora non hanno scoperto?
[Ride] Per ora no, ma ci stiamo lavorando. Ti do una notizia in anteprima: abbiamo formato un accordo di distribuzione con la Phoenix Online Studios ed abbiamo colto l'occasione per produrre una versione enhanced della prima stagione che si chiamerà "The Last Door: Collector's Edition".
Questa edizione comprenderà tutti gli episodi della prima stagione con oltre quattro ore di gioco, nuovi ambienti, nuove scene e nuovi enigmi. Ma non solo: ritoccheremo la grafica e realizzeremo anche storie secondarie giocabili, un remaster della colonna sonora, introduzioni extended agli episodi, achievements, contenuti sbloccabili e... easter egg!
È qualcosa che volevamo fare da un sacco di tempo, ma che non siamo mai riusciti a fare. E poi molti fan ce lo stanno chiedendo ormai da parecchio. Sono sicuro che vi piaceranno!


Com'è la scena delle case produttrici indipendenti in Spagna? È vitale come la Game Kitchen, o voi rappresentate solo un'eccezione?
Ma, guarda: per quello che vedo io, non credo che la situazione in Spagna sia diversa da altri Paesi. Siamo arrivati sul mercato un po' tardi (tipico di noi spagnoli), però ci troviamo sull'onda di un cambiamento che sta riguardando le piattaforme digitali e la filiera di produzione e distribuzione dei prodotti ludici. Oggi mettersi sul mercato è più facile, ed infatti stanno proliferando molte piccole software house, che peraltro sviluppano giochi di qualità.
Però, come puoi immaginare, purtroppo non è solo questione di avere un buon prodotto: bisogna anche avere le risorse economiche per reclamizzarlo, cosa che secondo me è l'ostacolo principale per la case indipendenti. Noi siamo riusciti a cogliere nel segno: "The Last Door" piace molto e anche se non abbiamo i soldi per il marketing, la nostra comunità di riferimento ci sta sostenendo con grande forza, grazie ad un continuo passaparola sulla rete. Un po' come stai facendo anche tu con questa intervista.
E allora vuol dire che si può fare. Le case indie hanno la possibilità di farcela nel mercato globale facendo leva su creatività e talento, una possibilità che fino a qualche anno fa non c'era; questo è un terreno di coltura ideale per la nascita di nuova impresa che però ci pone davanti due sfide. La prima è quella che le case indie riescano ad avere successo sia dentro che fuori dal loro Paese, che riescano ad installarsi e a crescere; certo, qualcuno lo perderemo lungo la strada, ma in un'economia di mercato è fisiologico che accada. La seconda sfida è quella di avere un vivaio di sviluppatori che alimentano l'industria con talento e idee fresche. Oggi in Spagna c'è l'onda giusta, con un settore ricco di piccoli studi che investono su idee e progetti molto creativi. Io sono convinto che molti di loro ci daranno più di una soddisfazione!
Se qualcosa di buono ha portato la crisi globale nel settore dei giochi è proprio questo: i giochi indie sono buoni prodotti economici; si tratta di una trasformazione del mercato che offre opportunità ogni giorno maggiori.
In Spagna c'è ancora molta strada da fare, ma nel complesso direi che ci sono grandi speranze per l'industria dei videogiochi - che a livello globale sta vivendo una seconda età dell'oro. E, nel caso della Spagna, direi che il momento giusto è arrivato.




Un'ultima domanda. Carlos Viola - l'autore della colonna sonora del gioco - è un musicista talentuoso. Probabilmente è posseduto dallo spirito di Erich Zann quando scrive la musica per gli episodi di "The Last Door"! Come l'avete scovato e coinvolto nel progetto?
È una storia molto più semplice di quello che puoi immaginare: Carlos è sivigliano come tutti noi e ha cominciato a scrivere musica a quattordici anni. Già a quel tempo era amico con diversi dei ragazzi che avrebbero fondato la Game Kitchen. Cioè, è un'amicizia che dura anni.
Considera anche che molto prima che nascesse il nostro game studio, molti di noi già lavoravano nell'ambito dei videogames - con TimeScratchers, Nivel21 e altri ancora. E nella maggior parte di questi progetti la parte musicale era affidata proprio a Carlos che a quel tempo aveva già una consistente esperienza professionale nel mondo degli audiovisivi e dei videogiochi.
Pertanto alla fine del 2012, quando siamo partiti con "The Last Door", Carlos aveva lavorato con noi già tante volte. Per il gioco gli abbiamo proposto di realizzare una colonna sonora completamente diversa dai suoi lavori precedenti e a quel punto è salito a bordo.
Tu conta che per la realizzazione di ogni episodio lavoriamo a stretto contatto con Carlos; e grazie alla fiducia e alla complicità che ci lega, lui ha una libertà artistica e creativa pressoché totale.
Noi gli dobbiamo solo spiegare le idee che abbiamo in mente, e lui ci dà dei bozzetti sonori prima che si cominci a sviluppare. In questo modo il team creativo ha già materiale da ascoltare mentre elabora la storia e il gameplay. Così riusciamo ad ottenere la musica adatta a ogni singolo episodio, formando un connubio perfetto.

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